Il sentimento del jazz come adesione totale ad un mondo che scava alle radici la memoria del tempo della propria libertà nel dolore di una situazione diversa determina la grafica di Luigi Tilocca.
Il Segno taglia le ombre e sullo sfondo di una New York stregata traccia i volti dei “grandi” del jazz”, con una partecipazione emotiva che si traduce in vibrazione di luci, che si spengono a lasciare nel sopravvenuto silenzio l’effetto di una solitudine esistenziale che è anche condizione di storia. Così Tilocca, in questa serie di ritratti, ferma con mano decisa volti e immagini che si porta dentro. Segni di una aspirazione comune a vincere la solitudine e la pena, in quella che non a caso è stata definita “una preghiera recitata versando del gin”.
Elio Mercuri
Al collega d’arte Luigi Tilocca l’espressione più alta della mia stima e un cenno alla sua sensibilità, dolcezza, tenerezza, e forse anche un po’ di violenza.
Franco Califano


Il figurativo ha raggiunto per suo conto i liberi traguardi che si proponeva ed un nuovo corso, frequentato da giovani energici e svincolati da ogni rispetto per le cattedre, si afferma oggi con disinvoltura e felicità.
Luigi Tilocca appartiene in questo corso all’ala disponibile: cioè quella che attinge i suoi temi – scelti dalla congenialità – dalla fotografia, dal cinema, dalla televisione e li ripropone con una foca iconografica degna di volume.
Tilocca si assume ogni responsabilità di riproduzione e -non copiando pedissequamente né fissando con procedimenti tecnici i soggetti – li ridisegna di propria inventiva, con tutte le varianti e le licenze che la trascrizione comporta e che danno alla sua opera il crisma dell’originalità, che d’altra parte non avrebbe potuta raggiungere se non vivendo per anni nei night e nei recital-clubs di
New York, di Los Angeles, di Detroit, di San Francisco, nelle sale di concerti e di incisione di mezza America, e avrebbe almeno un secolo.
Invece è giovane, innamorato del jazz, e ha voluto prescegliere per la sua vita di pittore, quei personaggi che già appartengono alla mitologia della musica moderna. Di persona ne ha conosciuto qualcuno, di quelli venuti in tourneè in Italia. Ma li ha “visti” tutti suonare, li ha “sentiti” oltre la musica nel loro glorioso, trionfale sforzo di rivincita del nero sul bianco del nuovo sul vecchio. Un riscatto che non è solo razziale ma artistico e non è questo il luogo per discernere sul valore rivoluzionario del jazz, d’altra parte conclamato da innumerevoli testi di specialità.
Ciò che invece va sottolineata, è l’ardente bravura di Tilocca il quale ha interpretato con straordinaria efficacia – oltre le fisionomie – i caratteri dei suoi soggetti nei loro strumenti, nelle loro mani (se è vero come afferma il Venturi che la mano è la tesi di laurea di un pittore, Tilocca ha 110 e lode) e nelle atmosfere vibranti di cui circonda i loro volti, le figure, i movimenti. Il taglio di questi disegni, in alcuni dei quali entra il colore in impasti sensibilissimi e moderati, è spesso audace e trascende l’illustrativo per giungere all’emblematico. La vitalità degli sguardi e – la forza delle mani, la potenza simbolica degli strumenti, danno ad ognuno di questi ritratti la capacità di opera d’arte autonoma.
Ugo Moretti
Le analogie tra musica e pittura sono sempre esistite non soltanto a livello di espressione artistica, di per sé paragonabile ad altra espressione artistica per identico intento creativo, ma soprattutto nel più recente trascorso storico, per i comuni sforzi di aprire un modo vertiginosamente rapido strade nuove nell’arte.
Nell’ambito musicale jazzistico, poi, le strade seguite sono non soltanto parallele, ma in molti casi addirittura sovrapponibili tra jazz e arte visiva.
Non stupisce quindi la scelta di Luigi Tilocca nell’ispirarsi principalmente (essendone un sincero appassionato) al jazz e di trarne quegli spunti sofferti, patiti, amati, trasfigurati, profondi e vibranti nei quali è ritrovabile l’equilibrio tra ancoramento alla tradizione figurativa e ricerca dell’informale.

Ennesimo riferimento, questo, alle analogie musica-pittura, non essendo le opere di Tilocca altro che la traduzione nel segno grafico dell’equilibrio che ilo jazz ricerca ancora, combattuto come è tra la necessità di non perdere i riferimenti con la matrice ritmica rintracciabile nel blues ed il bisogno di sfociare in campi avanguardistici più vasti e liberatori.
Tilocca è un jazzman che usa, come strumento, il segno grigio e nero della sua grafica o, volendo, è un pittore che suona il jazz con la china.
Enrico Cogno
Come musicista di jazz sono interessato a tutto quello che può riguardare, anche in senso non strettamente musicale, questa mia passione. Ho visto pertanto molte cose ispirate al jazz, senza che nessuna mi fornisse una reale emozione. Nella pittura di Tilocca, al contrario, ho “sentito” il jazz e questo mi pare, poiché egli cerca questo rapporto, molto importante.
Marcello Rosa
La pittura di Tilocca come il jazz è fatta di contrasti, di bianchi e neri che si attraggono e si respingono, di poesia e di credezza. È un segno ancora sufficientemente figurativo per leggervi l’immagine e già sufficientemente libero per farne immaginare un’altra non tracciata.
Mario Schiano