Luigi Tilocca “la funzione, la norma e il valore estetico come fatti sociali”.
Ho accolto l’invito rivoltomi dall’amico Luigi Tilocca, a scrivere la presentazione di questo catalogo. Ho la possibilità così di dire, di questo artista, quello che penso del rapporto di amicizia e di stima che ci lega da 25 anni. Ma l’ho accolto perché, anch’io come Tilocca, non sono fatto per essere al riparo dietro il muro. Aggiungo che qualsiasi genere di chiuso ci ripugna; il meglio che un uomo possa fare, è comunicare e ricevere comunicazione.
Il periodo che stiamo vivendo è un incoraggiamento alla segregazione, alla solitudine, al qualunquismo, Tilocca invece sta sempre in attesa di abbracciare o essere abbracciato. Senza fare i conti con il passato, il suo atto d’amore è dipingere, è disegnare e lo fa sentendosi sempre in passivo con il dare al prossimo.

Tilocca è un artista riservato, direi timido, e quando ti presenta un suo nuovo lavoro lo fa con delicatezza, con umiltà, con la voglia di parlare subito dei contenuti dell’opera non dell’opera stessa.
Anche per Tilocca vale quel che disse Bertold Brecht. “il realismo non è dire come sono le cose, ma come stanno le cose”. Non essendo un critico d’arte, non scrivo di Luigi come pittore, perché non sono in grado di spiegare i motivi che mi spingono a considerare Luigi Tilocca uno di quegli artisti che stanno dando alla cultura italiana, un contributo originale, fuori dagli schemi obbligati delle varie correnti. Un artista isolato fuori dagli “ismi”, fuori dalle basse manipolazioni che tanti critici stanno perpetrando ai danni della poetica dei singoli artisti”.
Mi piace e mi appassiona della sua opera, l’impegno sociale e culturale dei lavori eseguiti per i protagonisti del jazz. Sono ritratti incisivi ricavati col bisturi del pennino, disegni a china che accorporano linee fluide e grandi macchie nere. Nere, come “neri” sono maggiormente quegli splendidi figli di questa terra che per sentirsi vivi e insieme, suonano nelle loro cantine per nottate intere, fino a spaccarsi le labbra, e poi ne freddo pulito delle loro città, all’alba tornano nelle loro case, soli e al riparo del razzista uomo bianco. Mi piace con quella disperata denuncia, lui bianco e candido arriva al cuore, ci fa sentire quel disperato urlo di giustizia che chiedeva quella parte del popolo americano. Mi piace l’opera di Tilocca: quando disegna l’eros, non va mai oltre l’amore, l’abbraccio degli amanti è sempre a difesa del bello e del pulito. Mi piace quando s’avventura in migliaia di segni per dipingere Roma e Venezia l’altra sua città preferita.
Quei segni sono il risultato quasi ossessivo, degli sguardi indagatori con i quali Luigi controlla la dissacrazione dolorosa del paesaggio urbano di queste città. Poi con una delicatezza quasi paterna amalgama nelle lacerazioni con i suoi dolci acquarelli, gli ocra, i rosa, i celestini, li depone con delicatezza come un padre può deporre una pomata sulla ferita di un figlio.
Il fragoroso impegno sociale che svolge con la sua arte, si contrappone al suo olimpico candore, ma non è mai disordinato, perché egli non si propone obiettivi da raggiungere, ma semplicemente, affermare il suo amore per l’uomo.
Parlavo di finzione estetica. Non esiste un atto umano e non c’è cosa in cui la funzione estetica non possa trovare posto. Soltanto la funzione estetica è in grado di conservare all’umanità un’attenzione tesa; Tilocca misurandola con se stesso, fa prendere coscienze all’uomo di ciò che lo circonda.
Quale espressione può far questo più dell’altre visiva?
Ebbene credo che Luigi Tilocca con la sua opera stia glorificando come pochi artisti questi valori.
Aldo Incitti – Galleria “Il Babuino”
